L’aumento degli abbonamenti sulle Frecce è una scelta sbagliata da ricondurre direttamente all’Amministratore Delegato FFSS Mazzoncini che, di fatto, fa ricadere le sue scelte sulla politica e sul Governo, incolpevole ed inconsapevole su questa assurda decisione.
L’errore di fondo è nel suo piano industriale 2017–2026 presentato pochi mesi fa. Sono previsti da 94 miliardi di euro di investimenti su un periodo di 10 anni e di questi 23 miliardi sono previsti in autofinanziamento (2,3 miliardi in più ogni anno).
Da qui una delle ragioni dell’aumento degli abbonamenti sulle Frecce.
E’ un piano immaginifico che non tiene conto della sopportabilità degli investimenti scaricati sui pendolari. Il rischio è l’abbandono del treno con gravi ripercussioni per il trasporto pubblico e privato.
Il piano, inoltre, prevede la crescita dei ricavi dai 9 miliardi previsti a fine 2016 fino ai 17,6 miliardi nel 2026. E’ il dissanguamento dei viaggiatori.
Impossibile che i lavoratori possano sopportare questi costi.
Peraltro, nello schema di Contratto di Programma 2016-2021 – parte Servizi tra lo Stato e RFI, si prevede un ammontare complessivo di fabbisogni pari a circa 10.800 mln (media annua circa 1.800) a fronte di un totale di coperture disponibili pari a circa 9.800 milioni.
Manca solo un miliardo di euro sul periodo del contratto, ovvero 5 anni, quindi, c’è tutto il tempo per finanziarlo.
Perché vengono aumentati subito gli abbonamenti se il fabbisogno è spalmato su 5 anni? Mazzoncini preferisce affrontare subito la differenza anziché aspettare! E se negli appalti futuri ci saranno ribassi d’asta, perché non utilizzarli per coprire il miliardo mancante e a favore della riduzione dei biglietti/abbonamenti?
Mazzoncini riduca le sue ambizioni che fa pagare agli altri e riveda i suoi calcoli. Un programma di 10 anni potrà subire tanti cambiamenti. Invece di aumentare i prezzi subito per dare respiro ai sui piani, aspetti di vedere le evoluzioni del mercato e le affronti, anziché giocare con i soldi sicuri dei viaggiatori che non possono fare a meno dei treni.
Vincenzo D’Arienzo, deputato Pd