Suini esteri nazionalizzati, vino e grappa adulterati: sono questi alcuni dei casi in cui si è reso necessario l’intervento delle Forze dell’ordine facendo schizzare la percentuale di incidenza di agromafia nelle province di Verona, Padova e Treviso. Sono queste, infatti, le città che – secondo il rapporto “Agromafie” sui crimini agroalimentari in Italia, presentato oggi a Roma ed elaborato secondo criteri matematici da Eurispes, Coldiretti e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura – registrano un livello più alto della media nazionale per quanto concerne la presenza di fenomeni malavitosi nel settore agroalimentare. La classifica rispetto all’estensione e all’intensità di “agromafia” nel 2016, se da una parte fotografa una concentrazione del fenomeno soprattutto nel Mezzogiorno, dall’altra evidenzia la presenza nella top ten di rilevanti realtà del Nord come Genova, al secondo posto dopo Reggio Calabria per i traffici finalizzati al ricco business del falso Made in Italy.
«La presenza al terzo posto della città scaligera, di Padova al dodicesimo e quella della Marca Trevigiana al diciassettesimo apre una riflessione sul fatto che neppure il nord est è estraneo a fenomeni che abbiamo sempre considerato lontani da noi – commenta Claudio Valente, presidente di Coldiretti Verona presente all’evento di Roma». Tra le cause, si legge nel dossier, il transito dal Nord Europa di suini marchiati poi come italiani. Verona, in particolare, è crocevia della commercializzazione di prodotti agroalimentari d’eccellenza. Le autorità preposte, come Carabinieri, Guardia di Finanza, Guardia Forestale accorpato ai Carabinieri e Agenzia delle Dogane, nonché l’Ispettorato repressione frodi, sono costantemente in allerta e agiscono con la massima professionalità per reprimere il fenomeno. “Un’altra tematica molto importante – evidenzia Valente – riguarda prodotti come il riso asiatico, le conserve di pomodoro cinesi, l’ortofrutta sudamericana e africana che spesso vengono coltivati senza rispettare le normative in materia di tutela dei lavoratori vigenti nel nostro Paese”. «Non è accettabile – gli fa eco Giuseppe Ruffini, Direttore di Coldiretti Verona – che ad alcuni importatori sia consentito di aggirare le norme previste in Italia dalla legge nazionale sul caporalato ma è, anzi, necessario che tutti i prodotti che entrano attraverso i confini nazionali rispettino gli stessi criteri a tutela della dignità dei lavoratori. È fondamentale che dietro tutti gli alimenti, italiani e stranieri, ci sia un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro».