«Occorre individuare immediatamente uno strumento ad hoc che sostituisca i voucher e che tenga conto delle specifiche del lavoro occasionale che sempre più caratterizza il settore dell’agricoltura» è quanto afferma Claudio Valente, presidente di Coldiretti dopo la decisione del Consiglio dei Ministri di cancellare i voucher anche per il settore primario dove erano stati per la prima volta introdotti nel 2008 in occasione della vendemmia, specie a Verona, proprio per le peculiarità dell’offerta di lavoro.
«Con questa decisione – continua Valente – si perde uno strumento che ha consentito nel tempo di coniugare gli interessi dell’impresa agricola per il basso livello di burocrazia con la domanda di lavoro di giovani studenti e pensionati in cerca di un reddito occasionale che prevedesse tutela previdenziale e vantaggi fiscali».
Sul tema voucher il Veneto è stato molto performante passando da 1200 buoni venduti nel primo anno, fino ai 622 mila nel 2016, solo nel settore agricolo. Un andamento non indifferente per quanto concerne l’agricoltura, che in nove anni ha visto quintuplicare le richieste da parte delle imprese. Per quanto riguarda la provincia scaligera, secondo i dati Inps sono stati venduti 227.189 voucher agricoli nel 2014, 243.127 nel 2015 e 227.783 nel 2016. L’utilizzo dei voucher in agricoltura è rimasto pressoché stabile negli ultimi anni, ma se a livello nazionale i buoni lavoro venduti nel settore agricolo rappresentano meno del 2%, a Verona hanno quasi raggiunto il 7 % nel 2016, a dimostrazione dell’importanza di questo strumento di retribuzione nel nostro territorio. «I voucher comunque – continua Valente – non hanno mai rappresentato una alternativa al rapporto di lavoro subordinato in agricoltura e non si è mai verificato l’effetto sostitutivo rispetto ai tradizionali rapporti di lavoro». Secondo i dati del Ministero del Lavoro, solo lo 0,2% di prestatori agricoli a voucher nel 2016 aveva già lavorato come operaio agricolo presso lo stesso datore di lavoro.