Riso Vialone Nano di Verona con etichetta “Made in Italy”

Con lo storico ok all’indicazione di origine obbligatoria per il riso si pone finalmente fine all’inganno del falso Made in Italy con un pacco su quattro venduto in Italia che contiene prodotto straniero all’insaputa dei consumatori. Ad affermarlo è Claudio Valente, presidente di Coldiretti Verona oggi presente a Roma con il direttore Giuseppe Ruffini e migliaia di risicoltori di agricoltori italiani e veneti nel commentare il risultato della mobilitazione “SosRisoItaliano” nel corso della quale il Ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, ha accolto le richieste e annunciato la firma assieme al Ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, del decreto per sperimentare l’origine dei prodotti a base di riso nell’etichetta. Oltre all’obbligo dell’origine, l’Italia chiederà a Bruxelles l’attivazione della clausola di salvaguardia per bloccare le importazioni di riso dai Paesi che godono del sistema tariffario a dazio zero nonostante utilizzino in maniera intensiva pesticidi vietati da anni nella Ue e sfruttino il lavoro minorile, come denunciato dai produttori della Coldiretti.

«Verona è la provincia più produttiva di riso in Veneto – evidenzia Valente – con oltre 2453,37 ettari coltivati (+2% rispetto al 2015 secondo i dati dell’Agenzia Veneto Agricoltura), di cui la maggior parte a Vialone Nano (1055,93) e altrettanta a Vialone Nano Igp (541,94) e Carnaroli (501,36), il resto della superficie è coltivato con altre varietà, secondo i dati 2016 dell’Ente Risi. La decisione del Ministro dell’indicazione in etichetta dell’origine obbligatoria per il riso fa tirare un sospiro di sollievo al comparto veronese fortemente preoccupato per le importazioni straniere”. “Positiva la decisione di oggi – sottolinea Giuseppe Ruffini – che salvaguarda una nicchia di qualità come il Vialone Nano Igp, la cui bontà e la qualità è dovuta alla presenza di risorgive limpide e pure utilizzate nelle risaie. E’ una delle eccellenze veronesi oltre ad essere un patrimonio tradizionale e culturale».

L’Italia – sottolinea la Coldiretti – è primo produttore europeo di riso, grazie alla coltivazione su un territorio di 234.300 ettari, per una produzione di 1,58 milioni di tonnellate (49 % dell’intera produzione UE) realizzata grazie a 4.300 aziende risicole e circa 100 industrie risiere per un volume di affari di circa 1 miliardo.

«Con le importazioni di prodotto straniero spacciato per italiano che nel 2016 hanno raggiunto il record storico, l’introduzione dell’obbligo dell’etichetta, fortemente sostenuta da Coldiretti, va finalmente a tutelare una realtà da primato per qualità, tipicità e sostenibilità e, con essa, il lavoro di oltre diecimila famiglie tra dipendenti e imprenditori impegnati nell’intera filiera -ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che -si tratta anche di un importante segnale di cambiamento anche a livello comunitario dove occorre ora proseguire nella battaglia per la trasparenza».

Sotto accusa è l’introduzione da parte dell’Ue del sistema tariffario agevolato a dazio zero per i Paesi che operano in regime EBA (Tutto tranne le armi), con il riso lavorato importato in Europa senza essere sottoposto a dazi che è passato dal 35% del 2008/2009 al 68% del 2015/2016, secondo l’analisi della Coldiretti. Un regalo alle multinazionali del commercio che sfruttano il lavoro anche minorile e impiegano intensivamente prodotti chimici vietati in Europa con danni sulla salute e sull’ambiente. Un pericolo che riguarda anche i consumatori italiani ed europei con le importazioni extracomunitarie che hanno fatto scattare ben 11 allerte sanitarie da contaminazione per il riso e i prodotti a base di riso in Europa secondo le elaborazioni Coldiretti sui dati del sistema di allarme rapido comunitario (RASFF).

«Le importazioni sconsiderate di riso lavorato Indica dall’Oriente stanno facendo crollare la produzione in Italia dove – spiega la Coldiretti – le semine si spostano sulla varietà japonica con gravi squilibri di mercato che spingono nello stato di crisi anche questo segmento produttivo».

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