In arrivo 20,6 milioni di euro dei 32,4 del Fondo di solidarietà stanziati per il Veneto per il ristoro ai frutticoltori che hanno subito danni da cimice asiatica nel 2019. Il settore coinvolge oltre 19mila ettari interessati dalle colture oggetto di attacchi da parte dell’insetto killer con prevalenza di melo, kiwi, pero e pesche, 975 aziende colpite in totale e concentrate soprattutto nella provincia di Verona. Seguono Treviso, Padova e Rovigo. A fronte di un danno che sfiora i 70 milioni di euro di danni denunciati dagli agricoltori veneti, il Mipaaf ha disposto un indennizzo che coprirà il 47% delle perdite totali. Dopo il primo versamento previsto entro la fine di questo mese, seguirà il secondo acconto e il saldo finale da assegnare a febbraio 2022: un lasso di tempo lungo rispetto all’anno orribile del 2019 a cui fa riferimento la contabilità ministeriale. Vanno ricordati, comunque, anche i 5 milioni di euro messi a disposizione dalla Regione del Veneto la cui erogazione è stata già corrisposta.
“In questo periodo – commenta Daniele Salvagno presidente di Coldiretti Verona – gli imprenditori agricoli hanno messo in campo tutte le strategie possibili per salvare le produzioni: dalle reti antinsetto al controllo biologico con l’introduzione della Vespa samurai. Dal punto di vista tecnico Coldiretti Verona ha sviluppato nel 2019 e proseguito anche nel 2020 un progetto di monitoraggio della cimice asiatica con un centinaio di postazioni per le rilevazioni territoriali sull’infestazione stagionale nelle zone vocate a pesco-kiwi e melo”. “I costi sostenuti dagli imprenditori per proteggere le colture non sono irrilevanti e le azioni degli imprenditori –aggiunge Daniele Salvagno – meritano attenzione e un riconoscimento economico all’altezza di quanto fatto per arginare la calamità. Il rischio di mettere in ginocchio definitivamente il comparto che soffre già della crisi di mercato è sempre attuale”. A questo proposito, serve un impegno ancora maggiore, da parte della Regione, nel monitoraggio e nella assistenza tecnica, al fine di supportare gli agricoltori che devono fare i conti, sempre con maggiore frequenza, a varie calamità biotiche. “I soldi spesi in prevenzione, infatti, sono di gran lunga inferiori a quelli necessari per i parziali ristori. Va cambiato radicalmente l’approccio – conclude Salvagno – per dar modo ai produttori di poter operare limitando al minimo il rischio connesso alle emergenze fitopatologiche”.