«Anche a Verona si utilizzano i medici a gettone che sono la dimostrazione del fallimento della sanità in Veneto. La mancata programmazione, le retribuzioni del personale medico e infermieristico troppo basse, il continuo de-finanziamento della sanità hanno messo in crisi l’intero sistema di tutela della salute delle persone, in particolare delle anziane e degli anziani. Si deve alzare un grido di forte indignazione per denunciare questa inverosimile situazione. Non è possibile che tutto questo passi senza che nessuno risponda di quanto fatto in questi anni». Così il Segretario generale dello Spi Cgil Adriano Filice esprime l’indignazione di tanti iscritti che assistono all’ennesimo passo indietro del pubblico in Veneto nella tutela della salute.
Preoccupato per il fenomeno anche il Sindacato dei lavoratori pubblici FP Cgil Verona, che attraverso Simone Mazza considera: «Il ricorso ai gettonisti è più marcato negli ospedali gestiti dall’Ulss 9 dove si ricorre alle cooperative per un monte ore che equivale ad almeno 13 medici a tempo pieno. Ma il dato potrebbe essere largamente sottostimato, dal momento che il fabbisogno di personale medico nelle specialità più carenti come anestesia e rianimazione, ginecologia, pronto soccorso, pediatria è di circa 67 medici».
«Quello che sappiamo con certezza – prosegue il sindacalista – è che troviamo turni esternalizzati in specialità ricorrenti come anestesia e rianimazione. All’ospedale di Bussolengo, per esempio, questa specialità è coperta interamente da gettonisti o comunque da personale delle cooperative, h24 per sette giorni su sette, con l’unica eccezione di 5-10 turni mensilmente coperti da interni. All’ospedale di Villafranca non risultano gettonisti in Anestesia, ma vengono esternalizzati 20 turni al mese in Area medica e 25 in Pediatria. All’ospedale di Legnago troviamo gettonisti in ginecologia, anestesia, rianimazione e pronto soccorso. A San Bonifacio soprattutto in pronto soccorso».
«La sanità pubblica garantita dal Servizio Sanitario Nazionale è un sistema complesso – conclude Mazza – non si può pensare di mandarlo avanti rattoppando emergenze e carenze. In questo modo perde di attrattività a favore del privato assecondando quel processo strisciante di privatizzazione che è in corso da ormai molti, troppi anni. Se non si torna ad investire sul sistema sanitario nazionale, che garantisce la salute pubblica e quanto prevede l’art 32 della Costituzione, avremo tutti un futuro più incerto».