Chi l’ha detto che è tempo perso discutere del sesso degli angeli? Il dossier statistico sugli infortuni e le malattie professionali delle lavoratrici che l’Inail redige ogni anno in prossimità della Giornata internazionale della Donna mette in luce un aspetto della pandemia finora passato sottotraccia: mentre, a livello globale, gli infortuni femminili rappresentano soltanto il 36% del totale di quelli denunciati nel 2020, le donne lavoratrici risultano pesantemente colpite dall’emergenza sanitaria in corso. Il 70% delle denunce di infortunio da Covid-19 contratto negli ambienti di lavoro riguarda infatti lavoratrici. Il dato nazionale aggiornato al mese di gennaio 2021 indica in 147.875 le denunce totali di infortunio da Covid 19, di cui 102.942 (il 69,6%) quelle riguardanti lavoratrici di sesso femminile.Il dato provinciale riguardante il territorio veronese è anche peggiore: su un totale di 3.926 infortuni Covid denunciati fino a gennaio 2021, 2.943 riguardano donne (il 74,9%) e 983 riguardano uomini. La fascia di età maggiormente colpita dai contagi è quella oltre i 49 anni che rappresenta il 43.6% del totale. La ragione di tale “accanimento” del virus è intuibile, ma solo fino ad un certo punto: aiuta sapere che le figure più colpite sono quelle maggiormente coinvolte dall’emergenza sanitaria, tra cui infermiere, operatrici sociosanitarie, fisioterapiste, donne medico, quasi tutte professioni fortemente femminilizzate sebbene primariati e direzioni sanitarie rimangano ancora saldamente in mano agli uomini. Anche la mappa degli infortuni da Covid ricalca quella della diffusione della pandemia. Il numero di denunce si concentra nelle regioni maggiormente colpite dal virus: la Lombardia registra il 28.3% delle denunce, segue il Piemonte con il 15.4%, il Veneto con l’11.1% e l’Emilia Romagna con l’8.5%.
Provando a leggere i dati Inail si direbbe dunque che le lavoratrici si ammalano di più di Covid non solo perché lavorano nei settori più esposti ma anche perché occupano posti di prima linea. Gli angeli del Covid sono quindi prevalentemente di sesso femminile. Diversa la situazione tra le vittime: sono stati infatti 79 (pari al 17,1%) i decessi di lavoratrici su un totale di 461 denunce di infortunio mortale legate alla pandemia, ciò comunque in linea con il dato degli infortuni mortali sul lavoro nel complesso, che registra il numero maggiore di decessi tra gli uomini, mentre le donne restano sotto la soglia del 10%. La Giornata Internazionale della Donna ci ricorda l’assoluta necessità di mettere a tema il rilancio del lavoro femminile che nel nostro Paese sconta il gap occupazionale più grande d’Europa sebbene possiamo vantare la generazione femminile under 35 più istruita del Continente. Il differenziale tra il tasso di occupazione femminile e maschile può e deve essere ridotto in breve tempo dall’attuale 17% al 7% mettendo in campo servizi alla famiglia che favoriscano la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Fare una politica di genere significa guardare alle donne non come una categoria svantaggiata ma come metà della popolazione italiana con proprie esigenze e peculiarità soprattutto in termini di gap occupazione, retributivo e di carriera. Metà della popolazione che ha pagato più duramente la crisi Covid avendo dovuto affrontare carichi famigliari crescenti, buona parte del lavoro di cura aggiuntivo, ed essendo stata destinataria di 3 licenziamenti su 4. A questa metà della popolazione vanno orientate tutte le politiche che verranno messe in campo con il Recovery Fund.